Il mio TEDx “Il Tempo della Cura”.

 

Interviste recenti.

 
  • Cosa vuol dire essere femministe oggi? Quali battaglie si portano avanti e dove, nelle piazze o in Rete? Il femminismo, argomento sempre più caldo e discusso, non rischia di diventare una moda, anche commerciale, una posa svuotata dei suoi intenti primigeni? A queste e altre domande prova a rispondere Jennifer Guerra, giornalista e scrittrice, nel saggio Il femminismo non è un brand, edito da Einaudi. Guerra, 29 anni, appartiene alla generazione apparentemente più informata e consapevole sui temi di genere, ma, come ben analizza lei stessa, i passi da fare e i miti da sfatare sono ancora molti.

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  • Incontro Jennifer Guerra dopo un panel in cui è impegnata a parlare di corpo insieme ad altre donne. Mentre ridendo si lamenta del mal di schiena che le ha causato il giardinaggio del giorno precedente risponde a una telefonata di lavoro. La guardo parlare al telefono e trovo che sembri una donna adulta. Capisco che lo è, in primo luogo per aver capito che a 25 anni si può essere donne adulte. Anche oggi.

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  • Ci sono sempre dei versi che ci portiamo dietro, con noi, come ombre affidabili, qualsiasi sia la stagione della vita che stiamo attraversando, la città in cui stiamo vivendo, i progetti che stiamo sognando. Magari li abbiamo incontrati in una poesia o in una canzone, non importa molto la fonte, quello che conta davvero è il ritmo, la mContinua a leggereisura del passo che hanno dato alle nostre vite. Per me sono due versi dell’Elegia sulla tomba d’un piccolo combattente del poeta greco Nikiforos Vrettakos, che in italiano si potrebbero tradurre così: «Mi sono accorto che il mondo è più grande / e lo è diventato, più grande, per contenere più amore».

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  • Amore come forza motrice e purificatrice. Amore disperato e sublimato. Amore struggente e indissolubilmente legato alla morte, eros e thanatos. Tematica perenne e ispiratrice della letteratura fin dall’antichità, spesso banalizzata o sminuita da stereotipi culturali e topoi favolistici. Alberto Moravia, in una recensione del 1970 a Zabriskie Point, proponeva la sua interpretazione del finale dell’opera di Antonioni proprio con una riflessione sull’amore: “Ma cos’è l’amore se non la vita stessa nella sua forma originaria?”

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